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Il sistema immunitario

Studiare medicina era sempre stato il mio sogno, o meglio, il mio obiettivo. Da bambino ero tanto serio che alle volte mia madre si preoccupava perché non facevo le cose che gli altri bambini facevano: nessuna marachella, nessuna scenata, nessun pasticcio, nessuna richiesta sciocca od egoista. Ero sempre centrato e concentrato, studiavo come un pazzo ed avevo il massimo dei voti in tutte le materie, a tutti i livelli scolastici. Non mi importava troppo delle relazioni e di coltivare legami con i miei coetanei, anche se mi piaceva la compagnia di alcuni ragazzi che penso si potessero considerare amici. Diciamo che stavo bene in loro compagnia, ma stavo benissimo anche da solo e non li cercavo mai di mia spontanea volontà, erano sempre loro a cercare me. E lo facevano di buon grado, in effetti, sembrava che io fossi piuttosto popolare, forse perchè ero quest’essere estemporaneo, sempre calmo e sereno, sempre pronto a dare un buon consiglio spassionatamente e ad aiutare con la scuola. Non mi interessava il gossip e non mi scomponevo se ero oggetto di prese in giro, pertanto rappresentavo un valido alleato. 

La mia fissazione con la medicina era legata alla malattia di mio padre, che era morto quando io avevo solo sette anni a causa di un virus contratto poiché il suo sistema immunitario non funzionava bene. Una persona con un sistema immunitario forte non si sarebbe probabilmente neanche ammalata, mio padre invece non era sopravvissuto. Questo evento mi aveva così tragicamente colpito che mi ero risolto a diventare medico per cercare di curare tutte le persone alle quali tenevo, mia madre prima di tutte, ma anche la mia sorellina, i miei nonni e zii e poi, perchè no, gli amici che mi circondavano anche se io non li cercavo. Dagli otto anni in poi, la ragione della mia esistenza era diventata quella di salvare la vita agli altri, impedire che un sistema immunitario difettoso potesse portarmi via qualcun altro che amavo.

Arrivato il giorno di iniziare gli studi di medicina, finalmente mi sentivo vicino all’obiettivo tanto desiderato, ed ecco che entravo ogni giorno in aula, all’università, pronto ad assimilare tutto quello che si poteva, ingordo di informazioni per capire come diventare un medico eccellente. Ancora non capivo che non si trattava solo di trovare una cura, che l’essere medico significava anche comprendere quando non c’era più nulla da fare, ed essere in grado di accompagnare il malato verso la fine della sua vita nel modo più dignitoso possibile. Scoprivo solo allora che anche costruire legami e relazioni con le persone era una dote importante per un medico e per un essere umano, e che non avrei potuto farne a meno se desideravo diventare un dottore davvero eccezionale.